lunedì 13 agosto 2012

Papà Diegone (seconda parte)


Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini


Genere: real person slash


WARNING:  NC17 per scene di sesso

Tutto ciò si consideri frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. 


“Cioè, mi stai dicendo che abbiamo una spiaggia tutta per noi?”
“Non è mia, lo giuro. Ma è poco frequentata, quindi sì. Saranno duecento metri di sabbia…”
“Per te sarà niente, ma per me questo è il Paradiso.”
Ed in effetti il posto meritava davvero: una conca di sabbia circondata da scogli su un mare limpidissimo. “Se si deve fare, che si faccia bene.” aveva pensato Michele portandolo lì, anche se aveva guidato per diversi chilometri ed era ormai quasi il tramonto.
Diego non ci pensò su due volte e si tolse di dosso i vestiti, rimanendo in un costume da bagno di almeno due taglie in più che lasciava intravedere… intravedere no, aveva quasi le chiappe di fuori e Michele non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, mordicchiandosi il labbro inferiore. Le mani nelle tasche dei jeans corti e larghi, si dondolava avanti e indietro nella sabbia.
“Via i vestiti, andiamo a farci un bagno!” gli disse l’altro avvicinandosi, infilandogli le mani sotto la maglia mentre gli sbottonava i pantaloni.
“Io starei lontano da lì.” sussurrò Michele sulle sue labbra, accarezzandogli poi una guancia e affondando la faccia nell’incavo della sua spalla. Lo abbracciò stretto, facendosi scorrere la sua pelle sotto le dita. Sentì Diego arrampicarsi contro di lui, avvolgergli le braccia attorno al collo.
“Non ho paura, credo.” gli sussurrò all’orecchio. “Tu ne hai?”
“Sì… sì, ho un po’ di paura.” Michele lo strinse di più a sé e gli tirò su il costume da bagno arrossendo.
Era vero, tante cose lo spaventavano, come ogni volta all’inizio di una relazione. Non era bravo a lasciarsi andare, dopo aver collezionato delusioni. Aveva paura di affezionarsi troppo, di mostrare il suo lato debole, sentimentale; questa volta di più, perché aveva a che fare con un uomo, il suo primo e probabilmente unico uomo, e non sapeva ancora come comportarsi. Neanche l’ironia sembrava volergli prestare soccorso, era completamente confuso e quei cinque giorni perfetti che avevano già trascorso assieme, fra Puglia, fumo, sbronze, chiacchiere, film, baci, cucina tipica e le lenzuola di mammà, non facevano che confonderlo ulteriormente. Mancava solo una cosa, una sola, a renderli una coppia a tutti gli effetti: il sesso, quello di cui avevano parlato ma che non avevano ancora sperimentato.
La frase “Ho una fifa boia.” continuava a riecheggiare nella sua mente, anche mentre accarezzava i capelli di Diego e gli appoggiava un bacio sulle labbra.
Clack.
Anche l’ultimo bottone dei jeans di Michele fu sbottonato e caddero giù, lasciandolo in costume da bagno e t-shirt. Accarezzandolo lungo i fianchi, Diego gli tirò su anche la maglia e interruppe il loro bacio solo per sfilargliela del tutto. I suoi capelli ricci ondeggiarono appena.
“Eccomi qua, a pantaloni calati di fronte a te.” disse con un sorriso allargando le braccia. “Fai di me ciò che vuoi.” Calciò via i jeans ormai pieni di sabbia e lo baciò di nuovo.
“Posso davvero?” sussurrò Diego sulle sue labbra con un’espressione un po’ infantile.
“Se me lo chiedi così come cazzo posso dirti di no?” sospirò Michele. “Sono in suo potere, ormai è fatta.” si disse, sconsolato.
“Quindi posso anche trascinarti in acqua.” Diego annunciò ma mentre lo stava già facendo. L’acqua era gelida e a Michele sfuggì un lamento straziante, tipo quello di una balena spiaggiata, accompagnato da bestemmie in molfettese che strapparono all’altro una risatina a labbra strette.
“Cazzo ridi… tu…” gli si avventò addosso ghignando lui stesso: gli strappò via il costume da bagno e lo lanciò a largo.
Diego, con la bocca ad “O” lo fissò sgomento un istante per poi nuotare all’inseguimento del suo costume. Quando lo ebbe riacciuffato, ancora pieno d’acqua, lo infilò in testa a Michele congelandogli anche il cervello.
“Così impari.” rispose alle nuove bestemmie sfoggiando un broncio fra l’adorabile e il seriamente incazzato.
“Accidenti a te, non mi sfuggirai.” disse fra i denti Michele afferrandolo per le spalle e attirandolo a sé, col costume da bagno ancora calato sugli occhi. Lo baciò con forza, con urgenza, quasi a togliergli il fiato, stringendolo fra le sue braccia, infilandogli una mano fra le gambe, accarezzandolo, sentendolo duro fra le dita, i suoi ansiti sulle labbra.
“Che cosa cazzo…” riuscì a biascicare Diego aggrappandoglisi addosso, stringendo le gambe attorno al suo bacino, afferrandogli il polso. Poi quelle carezze si fecero più insistenti, più salde, più veloci, e lui lo lasciò fare, mordendosi il labbro inferiore, masticandosi il piercing per trattenere i gemiti. L’aveva preso di sorpresa, ma aveva desiderato tanto sentire le sue mani addosso in quel modo che ci aveva messo un istante a farsi coinvolgere del tutto. Appoggiò la fronte alla sua e si lasciò andare.
“Tiralo fuori. Voglio sentirlo contro il mio.” gemette.
Michele si leccò le labbra e con gli occhi ancora coperti, come se fosse nascosto al mondo e quindi libero, eseguì e glielo premette contro, strofinandoli l’uno contro l’altro, accarezzandoli con vigore, così fino a quando non ci fu nient’altro che loro, fino a quando vennero l’uno contro l’altro trattenendo il fiato e i gemiti.
Intenso.
Era stato decisamente intenso.
Diego era arrossito fino alla punta delle orecchie e non riusciva a fare a meno di sorridere. Spostò il costume dagli occhi di Michele e lo guardò a lungo, accarezzandogli il viso. Voleva dire qualcosa ma non gli usciva la voce. Ti amo, forse, o Ancora. Ma a rompere il silenzio fu l’altro.
“Ti va di fumare?”
Non c’era bisogno di parlarne, in fin dei conti.
Diego stava suonando alla chitarra la canzone scritta in treno, a gambe incrociate su un asciugamano, accennando una melodia a voce, quando Michele leccò la cartina e richiuse lo spinello appena messo insieme; andò alla ricerca di un accendino nelle tasche dei jeans e, trovatolo, accese lo spino aspirando piano il fumo per poi appoggiarlo fra le labbra dell’altro con una carezza lenta.
Diego diede un tiro e restituì lo spinello a Michele, riprendendo a suonare. Stava iniziando ad avere chiaro in mente il testo che avrebbe scritto per quella canzone; era una canzone che aveva composto pensando a lui, del resto.
“Cos’è? Una canzone d’amore per me?” gli chiese Michele, ridacchiando e continuando a fumare.
“Non montarti la testa, ora.” ribatté Diego, sorridendogli.
“Perché, non mi ami?” domandò schiettamente Michele, d’un tratto serio. Non era più in grado di evitare il discorso “sentimenti”, perché i suoi sembravano crescere ogni ora di più in modo alquanto scomodo: non riusciva a contenerli, a non farli fuggire all’esterno.
“Non c’è bisogno di parlare dell’amore. L’amore si sente.” Diego accordò meglio la chitarra, ad occhi bassi, le guance lievemente rosse.
“Io lo sento, Diegone.” Michele spense lo spinello nella sabbia e provò a spettinarsi i capelli ancora bagnati in un gesto d’imbarazzo. “Per te e da te.”
Diego si limitò a sorridere ed annuire. Le parole Ti amo sono così difficili da dire. Schiuse le labbra e con un filo di voce disse “Anche io lo sento. Per te e da te.”

1 commento:

  1. Questo capitolo è una carezza e uno schiaffo. Riesce a rimescolarti dentro fino a farti male, giuro. Almeno è questo l’effetto che ha fatto a me. Devo dire che era difficilissimo creare una scena d’amore in riva al mare (ne so qualcosa....) senza cadere nella retorica e nel già visto, ma tu ci sei riuscita in pieno. Perché Diego e Michele non sono due personaggi, come già detto, ma due persone, e in questo rimandare il sesso come una sorta di esame, c’è intrisa tutta la paura fottuta di lasciarsi andare, di aversi completamente. Come se loro lo desiderassero infinitamente ma temendo la grandezza della cosa, si trattenessero. Poi però, magia della giocosità e della loro amicizia che viene sempre fuori tra le righe ed è adorabile, perché ce li riporta reali, e non fantocci, insomma tra uno schiamazzo e un cazzeggio scatta quella molla, quell’andare finalmente oltre, quel sesso che è un esame e se lo è loro lo passano a pieni voti. Ti sembrerà strano però il momento che ho amato di più è questo “andò alla ricerca di un accendino nelle tasche dei jeans e, trovatolo, accese lo spino aspirando piano il fumo per poi appoggiarlo fra le labbra dell’altro con una carezza lenta” a parte il finale da brivido: “Io lo sento, Diegone.” “Per te e da te.” sì perché quel momento così perfetto, di notte, dove Diego fa quello che sa fare meglio, o dovrebbe, ossia comporre e Michele è là che ascolta, così in perfetta armonia con il mondo finalmente, beh questo sembrava il finale perfetto, ma tu mi hai contraddetta..... (continua.....)

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