mercoledì 1 agosto 2012

Tra i fornelli


Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini

Genere: real person slash


Tutto ciò si consideri frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro.



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La serata era gelida e nelle strade di Torino imbiancate da un leggero strato di neve, gli ultimi passanti tornavano veloci alle proprie case. Infagottato  in un cappotto nero, la candida gola avvolta in una sciarpa a righe multicolori Diego Perrone si dirigeva, affiancato dal collega e amico Michele Salvemini, in arte Caparezza, verso il proprio appartamento. Il tour invernale si era arrestato per un paio di giorni coì da permettere agli artisti un po’ di riposo. Diego ne aveva approfittato per tornare a casa, portando con sé l’artefice del suo successo, l’amico più caro, la persona che più di tutti gli donava tutto il suo affetto senza cercare nulla in cambio. Michele lo seguì nel suo piccolo appartamento da scapolo, nel quale si rifugiava ogni volta che ritornava nella città natia. Una volta, al caldo, nel piccolo soggiornino, Diego si tolse il cappotto e dopo avergli lanciato un’occhiata, lo lasciò da solo per andare in cucina. Michele, quasi come se fosse alla ricerca di qualcosa che potesse raccontargli di più sul compagno di tante avventure, sull’amico che da tempo immemore lo seguiva nei tour, ne approfittò per guardarsi intorno. Non pensava l’avrebbe ammesso, ma Diego gli era diventato indispensabile. Nella stanzetta, a differenza di quello che si sarebbe aspettato, tutto era al proprio posto. Grattandosi la fronte, ammise di essere un disordinato cronico, che nella sua villetta a Molfetta regnava il caos e che solo sua madre riusciva nell’impresa di mettervi ordine. Si soffermò a guardare delle foto dell’amico quando era più giovane e di sbirciare nella libreria. Si rese conto che condividevano la stessa passione per la lettura e soprattutto per autori come Kerouak e Salinger.
Dopo aver perlustrato ogni angolo, Caparezza lo seguì in cucina. Sul tavolo apparecchiato, una bottiglia di corposo Primitivo di Manduria. Michele sorrise pensando quanto l’amico apprezzasse i prodotti della sua terra e ricordò quella volta in cui aveva portato un cesto di leccornie pugliesi ed erano finiti a divorarle insieme dopo un’estenuante concerto.
“Invece di restare lì impalato, aprì il vino!” lo redarguì Diego senza voltarsi.
Michele obbedì, poi versò il vino in due bicchieri. Quando lo raggiunse, non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Diego indossava un lungo grembiule raffigurante Adamo con una foglia di fico.
“Cazzo c’hai da ridere!” corrucciò la fronte.
“Sai, ti dona” sghignazzando indicò il grembiule.
“Io lo trovo carino, anche se io ho un fisico più prestante!” aggiunse imbronciato.
“Su questo non ci sono dubbi!” replicò Caparezza lasciando vagare gli occhi neri sul fisico minuto ma ben fatto della sua seconda voce.
Imbarazzato, Diego tornò con la testa bassa sulla padella nella quale rosolava il pollo. Schiaritosi la voce mormorò: “Invece di sfottere perché non peli le patate?” gliene lanciò una.
“Io dico sul serio!” Michele l’afferrò al volo
“Sì, come no! Intanto te la ridi!” Diego mise un broncio così tenero che Michele restò incantato per qualche secondo. “Allora? Se non mi aiuti mangeremo a mezzanotte!” lo rimproverò seccato.
“Il mio chef è arrabbiato” Michele accorciò la distanza che li separava. “Coltello!” ordinò allungando una mano.
“Nel cassetto. E ora pela!” ordinò Diego dandosi un tono professionale. Da qualche tempo aveva cominciato a postare le sue ricette sul blog ottenendo anche un discreto seguito. Si sentiva già un mago dei fornelli, ma quella sera, nella sua piccola cucina, desiderava solo una cosa: fare colpo su Michele e deliziarlo con la sua cucina speziata.
Continuando a curare quasi come un bambino il suo pollo al curry, spizzò l’amico intento a tagliare le patate a fettine. Lo trovò talmente adorabile che non riuscì a reprimere un sorrisetto.
“Senti, Diegone, che mi cucini di buono?” lo stomaco del cantautore di Molfetta emise un leggero brontolio. Michele realizzò di aver trangugiato solo caffè,  ne aveva bevuti almeno sei.
“Pollo al curry e patate all’insalata con salsa piccante” rispose il cuoco tutto orgoglioso.
L’altro storse il naso: “Speravo di assaggiare qualche piatto tipico torinese non queste schifezze orientali”
“Cambierai idea quando assaggerai il mio pollo. Non ha niente di quelle merde che pensi tu. Vedrai che poi ti abbufferai”
“Mi fido di te, piccolo” e Michele gli rivolse uno dei sorrisi più dolci che avesse mai ricevuto da lui. quel gesto scaldò il cuore del giovane Diego, anzi, gli procurò un’improvvisa accelerazione del battito. Arrossito fino alla radice dei capelli,  abbassò di nuovo la testa sulla padella, nel tentativo di non far bruciare le verdure.
Una volta che ebbe terminato il suo compito, Michele si appoggiò al piano in attesa, quasi come se in quel modo potesse accelerare le cose.
I minuti passarono lenti e dopo quasi mezz’ora d’attesa, il pugliese sbuffò esasperato: “Quanto ti ci vuole? Sto morendo di fame!” quelle parole furono pronunciate con un tono di voce così alto da risultare stridulo. tanto che a Diego venne quasi da ridere.
“Sei noioso e anche irritante, lo sai?” il padrone di casa gli indicò il frigorifero accanto al fornetto. “Se non puoi aspettare, prendi del formaggio, ma lasciami cucinare in pace!”
“Che me ne faccio del formaggio, Diegone. Io voglio assaggiare i tuoi piattini prelibati” mettendo il broncio, avvicinò il viso al suo. “L’odore pare buono”
“Lo è anche il sapore, vedrai” Diego poteva avvertire il suo respiro caldo solleticargli il viso. Prudente, indietreggiò di un passo, poi appoggiando le mani ai fianchi, replicò: “Ti ha mai detto nessuno che sei peggio di un ragazzino?” mentre lo diceva si rese conto che di solito era Michele a sgridarlo per i suoi modi infantili.
Non aveva neanche terminato la frase che si ritrovarono a guardarsi per poi scoppiare a ridere. Diego si piegò in due, le lacrime agli occhi, mentre Caparezza, tenendosi la pancia con le mani, si lasciava scivolare sul pavimento.
“Smettila di ridere!” lo rimproverò il più giovane senza riuscire a fermarsi a sua volta.
“Smettila tu!” replicò il cantautore molfettese, ma non c’era verso di mitigarla.
Una volta che la ridarella fu placata, Diego tornò ai suoi manicaretti, mentre Michele spazientito e terribilmente affamato, si alzò dal pavimento camminando avanti e indietro.
“Vuoi farmi un solco?”
“Pensa a cucinare, Diegone! È l’ultima volta che mi freghi. Da quando pubblichi le tue pseudo ricette sul blog sei tutto tronfio, ma di mangiarle qui non se ne parla!” lo rimproverò Michele coprendo la piccola cucina a grandi falcate. Attendere non era mai stato il suo forte, soprattutto se cominciavano a diffondersi quei profumi così stuzzicanti. Quando lo stomaco ricominciò a farsi sentire, il cantautore pugliese aprì il frigo e dopo aver infilato l’enorme testone all’interno, passò in rassegna tutto il contenuto. “C’è il deserto qui dentro!” protestò.
Diego scosse la testa. “C’è una caciotta e anche qualcos’altro. Il resto sarà la nostra cena. Ora la vuoi finire di distrarmi?”
 “Colpa tua! Mi affami!” si voltò verso di lui prima di concentrare nuovamente la sua attenzione sulla difficile scelta da compiere.
Alla fine, oltre al formaggio che riconobbe essere uno di quelli che gli aveva portato lui da Molfetta, agguantò un salamino stagionato. Ma invece di prendere posto a tavola, si andò a posizionare accanto all’amico, portando con sé il cibo che aveva sgraffignato.
Seccato da quell’ammutinamento, Diego lo ignorò dedicandosi al curry che cuoceva lento sul fuoco. Vedendolo mangiare Michele così di gusto, anche lo stomaco di Diego emise un brontolio, seguito da un rumoreggiare così potente che Michele per provocarlo, addentò una fetta di salamella, masticandolo con gusto. “Tu non hai fame?” ridacchiò conoscendo già la risposta.
“Tieniti il posto per il pollo!” brontolò il cuoco, mentre il profumo della caciotta lo tormentava.
“Dai, assaggia!” Michele gli sventolò un pezzo di formaggio sotto il naso.
“Smettila!” l’altro tirò la testa indietro.
“Piccolo, lo so che lo vuoi!” insistette il cantautore pugliese invadendo il suo spazio vitale con la sua prestanza.
Deglutendo Diego tentò di indietreggiare di un passo, ma Michele, per essere sicuro che non potesse scappare, gli circondò la vita con un braccio. I visi furono ad un niente l’uno dall’altro. Diego trattenne il respiro e quando l’amico gli appoggiò la caciotta sulle labbra, non riuscì a resistere. Le aprì, lasciando che lui gliela infilasse in bocca. Con la lingua solleticò le dita.
Mugugnando di piacere Diego masticò il boccone che gli sembrò il più buono che avesse mai assaggiato perché misto con il sapore di Michele.
“Ne vuoi ancora?” Michele solleticò il cerchietto sul labbro con la punta del pollice.
Senza staccare gli occhi dai suoi, Diego annuì e aggiunse: “Quando torni a Molfetta me ne porti dell’altra?”
“Tu verrai con me, piccolo” replicò il pugliese prendendo una fetta di salame e infilandogliela in bocca.
Con il cuore gonfio di gioia per quella frase, Diego sorrise: “Sai da quanto non vengo?”
Senza pensarci Michele rispose di getto: “Sei mesi, dieci giorni e…”
“Che fai? Tieni il conto?” rise divertito ma anche emozionato da tutte quelle dimostrazioni d’affetto.
L’altro si limitò a fissarlo con uno sguardo colmo di significati e Diego aggiunse: “Mi piace mangiare in questo modo” sorrise sornione.
Michele avvicinò ancora il viso al suo, le labbra socchiuse ed unte del più giovane erano una tentazione talmente forte che le intrappolò con le sue. Quel bacio scatenò una tempesta in Diego che rispose con entusiasmo, afferrandogli il viso con i palmi. Preso il sopravvento il giovane torinese lo spinse contro il piano cottura assaltando la bocca, succhiando la lingua e mordicchiando il labbro. Un gemito soffocato scappò al molfettese che fu catturato dall’irruenza del suo piccolo amico.
Staccandosi il tempo per recuperare quell’aria perduta, Michele mormorò il suo nome: “Diego”
Diego si pressò contro di lui, insinuando una gamba tra le sue. “Zitto!” e tornò a cercare quella bocca che bramava da tempo.
Dimentichi della cena e soprattutto del pollo al curry sul fuoco, si dedicarono a un passatempo molto più piacevole.

5 commenti:

  1. Che tenera fic sussurrata e allo stesso tempo intrigante e coinvolgente. Tutto sembra piccolo in casa di Diego, propri come lui è, anche in contrasto con la maestosità di Michele, che sembra Cenerentolo nella casa dei sette nani. Ma mentre nella favola era lei che sgobbava, da buon ospite lui si gode il cuochino improvvisato (ma manco tanto) in attesa, ma l'attesa porta impazienza e l'impazienza ribellione.... adorabili i dettagli con i quali spieghi la loro amicizia e quelli con cui colori la loro attrazione. Me li vedo già sul pavimento, fino a che la mano del biondino non chiuderà il gas, perché l'unico fuoco che deve divampare è quello della passione...

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    1. Davvero azzeccato come paragone. Sì, Diego così piccolo che a momenti sparisce davanti alla fisicità possente di Michele. Sai, io credo che quel pollo si brucerà perchè saranno troppo impegnati per spegnere il fuoco. Semplicemente incendiari i due cantanti.

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  2. Non sono in grado di fare recensioni, ormai è chiaro, ma questa dolce FIC è adorabile e allo stesso tempo sensuale in certi istanti e io la amo! xD

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    1. Grazieeeeeeeeee. Sono felice ti piaccia, è la prima volta che mi cimento con loro due e temevo di non renderli abbastanza reali visto che li seguo da relativamente poco e di Diego non conosco bene il suo carattere. Pensavo di scriverne una un pò piccante. Chissà...

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    2. Sì, ti prego!!!!!!!!!!!!!

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